= Sii?
= Pronto?
Finalmente la trovo dottore...
= Scusi
signora non ho capito...
= Ho
telefonato ieri ed ho parlato con la sua segretaria...
= Signora
io...
= La sua
segretaria m'ha detto che...Ma lei è il dottor Florentini?
= No, non
lo sono e...
= È il
collega del dottore?
= No
signora non sono il collega del...
= Allora
chi è lei? Un paziente?
= No però
sono paziente con lei...
= Che
vuol dire?
= Voglio,
anzi, vorrei dire se lei mi concede un attimo di pausa, che il dottor
Florentini qui non c'è...
= Ha
trasferito lo studio?
= Questo
non lo so, io sto qui da circa quaranta anni e non c'è mai stato
nessuno studio di dottore...
= Allora
devo aver sbagliato numero...
= Credo
proprio di sì, lei che numero ha fatto?
= Il
xxxxxxx9...
= Siamo
alle solite...
= Perché?
=
Semplice. Ricevo numerose telefonate di altre persone che formano il
numero che lei mi ha citato credendo di parlare con il dottor come
si chiama mentre invece si sbagliano commettendo tutti il medesimo
errore e cioè che quel numero è il mio mentre quello del dottore è
quasi uguale meno l'ultima cifra che è zero e non nove...
= Oh!
Quanto mi dispiace, mi scusi tanto. Il fatto è che ho urgenza di
parlare con.......
Malgrado
avesse tentato di salutarla cortesemente lei lo pregò di darle
ascolto per qualche minuto. Lui acconsentì e lei, con molta
naturalezza, iniziò a parlare. Gli raccontò una parte della sua
vita, volle dirgli come si chiamava, quale era la sua età – la
metà dei suoi – dove abitava, cosa faceva e per ultimo gli chiese
se potevano vedersi aggiungendo 'visto che lei è stato gentile
con me'. Lui voleva rispondere negativamente poi prevalse la
curiosità e fissarono un appuntamento per il giorno successivo,
mercoledi, alle 19.00, al Gianicolo, ai piedi della statua di
Garibaldi. Si rese necessario precisare, per potersi riconoscere,
come si sarebbero vestiti e, parzialmente, il loro reciproco aspetto.
Ebbe l'impressione di stare recitando come in un film. Fu proprio
dalle ore 19.00 di quel fatidico mercoledì al Gianicolo che,
testimone Garibaldi, sia pure di bronzo, ebbe inizio la loro
incredibile storia. Quella di lui e quella di Dafne, un nome
mitologico. Lui invece non era mai stato un Apollo. Il giorno del
primo incontro fra loro due il più imbarazzato, ed anche
imbambolato, era lui. Si presentarono e si sedettero su di una
panchina dalla quale si poteva ammirare il panorama di Roma alle
prime luci della sera. Non so se fu questa vista o la mitezza della
serata a spingere entrambi a raccontarsi quasi tutto di loro. Lei era
sposata e nessun figlio perché non avrebbe mai potuto averne. Questo
fatto le aveva causato una forte depressione per cui da qualche
anno, due volte la settimana, si recava nello studio di quel dottore,
psicologo gli precisò, per seguire una terapia. I rapporti col
proprio marito si erano purtroppo deteriorati ma continuavano a
convivere perchè nessuno di loro due voleva divorziare né adottare
bambini. Ormai erano solo amici ed ognuno di loro viveva una propria
vita. Non le chiese il perché di questa loro strana decisione. Non
voleva intromettersi oltre. Di fronte a queste così delicate
confidenze personali rimase un po' perplesso e glielo fece notare, ma
a lei questo non importava. Anche se non sapeva spiegarselo sentiva
che poteva metterlo al corrente di ogni cosa. Le disse allora che
tutto ciò poteva avere una sua logica spiegazione derivante dal
fatto che, data la propria età, poteva essere suo padre. Dafne lo
guardò e lo pregò di non dire sciocchezze spiegandogli il perché.
Gli disse molto chiaramente che da quando si erano seduti, circa tre
ore prima, lei non aveva guardato il suo aspetto, se ne era
"fregata" per usare le sue parole. Lo aveva soltanto
ascoltato e scrutato dentro. E questo le era bastato. Quando dopo
poco si salutarono, si abbracciarono a lungo senza alcuna
esitazione. Seguitarono a vivere ancora questa incredibile storia per
alleviare le loro rispettive solitudini.